La ragazza che non guarda nessuno
Ve le descriverei le ragazze parigine. Sempre a duemila, sempre con il telefonino in mano a comunicare. Questa ragazza, capelli scuri con colpi di sole sulle punte, invece, era fuori dal tempo. E' entrata nella carrozza insieme a me, si è appoggiata accanto alle porte e ha smesso di vedere. Si, ha proprio smesso di vedere. Non perché abbia chiuso gli occhi, quanto perché non guardava nulla e nessuno. Testa immobile osservando qualcosa fuori dal finestrino, non ha degnato di uno sguardo nessuno dei presenti nel treno, fossero bianchi, neri, profumati, puzzoni, educati o maleducati. Neanche la carrozza era degna del suo sguardo. E, ne sono certo, neanche il paesaggio di fuori. Lei, la ragazza che non guarda nessuno, era fuori da questo mondo, in una dimensione tutta sua che a noi non è dato conoscere. Mi piace immaginare che stava tornando a casa per svestire i panni di ragazza del ventunesimo secolo per mettere quelli di una fatina vestita di azzurro, la dimensione che più le si addice. Una piccola Trilli dei nostri giorni. E' scesa a Anthony e, appoggiando le mani alle porte del treno (sempre non guardando nessuno) mi ha dato un tremendo segno di umanità: le dita rovinate. Si mangia le pellicine, la fatina. Questo nelle fiabe non lo racconta mai nessuno. Mannagia.
Di fronte a me sullo stesso treno della ragazza che non guarda nessuno, un uomo ben vestito con camicia bianca, pantaloni e scarpe eleganti. Capelli brizzolati con la pettinatura davanti leggermente a punta come moda impone, inizio di alopecia sulla nuca. Età indecifrabile (forse sulla quarantina?), qualche brufolo in faccia. Perché mi ha colpito? Perché dormiva. Sfinito, stremato. Dormiva in piedi. Mia mamma avrebbe commentato: in piedi ci dormono i cavalli. No mamma, ci dorme anche l'uomo di successo moderno. Come, non lo so: sballonzolava qui e là, ogni tanto apriva gli occhi per vedere la stazione, per richiuderli deluso dal fatto che ancora non fosse arrivato a casa. Alle sette di sera questo uomo non aveva più neanche la forza di reggersi in piedi. Mi piace pensare alla sua storia: troppo lavoro? Forse, ma allora perché rientrare a casa "solo" alle sette? No, non ci credo. E allora cosa? Notte ad alta tensione sessuale con una collega o una tipa conosciuta a un aperitivo? Forse. Eppure la camicia era troppo ben stirata, pieghe solo sopra la cinta dei pantaloni; in più, la pettinatura alla moda ottenuta probabilmente con della lacca non mi fanno pensare a una mattinata imbarazzata passata a casa di chicchessia. Risultato: non so perché ma mi piace continuare a pensare alla soluzione pseudo-sentimentale: ulteriori indagini comunque sono necessarie. Purtroppo è sceso dopo di me. Chissà se sarà mai riuscito a rientrare a casa...
Treno di ritorno stavolta. Entra una ragazza molto giovane con un bambino piccolo in braccio. Mi fa strano, invece di entrare per prima come si converrebbe in queste situazioni, si ferma e fa passare un ragazzo. Questo ragazzo aveva una valigia enorme, ma enorme veramente. Osservo bene. Lei aveva una busta di cartone con della roba appena comprata. Capisco tutto: sono una coppia di giovani genitori, chissà se c'è il sentimento (non si vede) o se il bambino ha giustificato una relazione ancora poco matura. Sono andati a fare la spesa, si vede che in quella zona c'è un grosso supermercato poco caro che permette loro di non spendere tanto. Non sono ricchi, questo è evidente. Eppure. Eppure il ragazzo padre ha una bella tuta acetata di Emporio Armani, che molto cozza con l'ambiente umile in cui mi trovo in quel momento. Poco male mi dico, molti ragazzi qui sognano l'emancipazione esibendo vestiti con false marche per elevare, almeno all'apparenza, la loro posizione sociale. Eppure. Eppure c'è un particolare che ho fatto fatica a mettere a fuoco, anche se vi posso assicurare che era estremamente ben visibile. Il ragazzo padre aveva due orecchini a forma di coccodrillo della Lacoste finti dorati e di grandezza maggiore del vero coccodrillo Lacoste sugli abiti ufficiali. Cerco di tradurre più facilmente: aveva due siluri durati sui lobi delle orecchie. Orribile, terribile, disumano, non so che aggettivo trovare. Un ragazzo padre, che non ha mai degnato di uno sguardo il figlio (baciato dalla sola giovane mamma) ma che ha raggiunto il livello più basso di rispettabilità esteriore che io abbia visto. E da lì via con i pensieri, il futuro, il bambino futuro attentatore che cerca di riscattare così il suo passato (presente) difficile. Ma questa è un'altra storia.
Non c'è bisogno di dirvi che vi assicuro ovviamente che i personaggi sono tutti veri. Le ricostruzioni invece, chissà. Magari la ragazza che non guarda nessuno aveva una vita normalissima, magari l'uomo moderno tornava solo a casa dalla moglie dopo una giornata stancante, magari il ragazzo padre non era padre ma solo esibizionista. La verità è che nonostante tutto mi piace mantenere il ricordo dell'impressione che mi hanno fatto e dei pensieri e delle storie che mi hanno ispirato. La verità è che non ho mai smesso di essere un terribile incrocio tra Edward Bloom e Amelie Poulain.