Non so da dove cominciare.
Forse dalla sveglia tardi, dopo un lungo sonno riposante (Piero aveva fatto le 24h filate), oppure dal giro per Boston: una Boston nuova anche per me, con gli alberi belli verdi, un caldo clamoroso, sole forte, pantaloncini corti per la prima volta quest'anno e vista panoramica dal Prudential. E poi Copley Square, il giardino pubblico.
Ma il grande evento della giornata è stata la puntata pomeridiana ad Harvard. Harvard ha sempre qualche bella sorpresa. Quella di oggi è stata l'imbuco prima nell'atrio della mensa, una cosa eccezionale, e poi nella Law School, con colonne di marmo e divanetti di pelle. Chiediamo a uno delle pulizie se potevamo fare un giro e lui ci dice in modo sospetto che si, possiamo. Ci avventuriamo per le scale e i corridoi per trovare classi con i microfoni personali sui banchi degli studenti (modalità Parlamento Italiano), aule assurde con caminetto d'epoca e Bandiera americana e tanto tanto sfarzo. Ma la vittoria assurda è stata quando, da imbucati che avevano paura di essere scoperti, ci siamo incredibimente aggregati a un gruppetto di tre persone che, guidati da un neo PhD, visitavano la scuola Abbiamo visto cosa che voi umani non potete capire: la biblioteca, la sala delle riunioni, la sala per i caduti in guerra, gli alloggi, la sala ricevimenti e chi più ne ha più ne metta. La nostra guida mi aveva simpaticamente preso di mira quando gli ho detto che studiavo al MIT, dicendomi che tutte le cose belle di là il MIT non le ha: non ha tutti i torti, in effetti. Ce ne andiamo con la coda fra le gambe di chi sa di aver visto un qualcosa che chissà quando ricapiterà di vedere.
La sera finisce con un drink al locale dove aveva fatto la post-festa Giancarlo. Tanta gente appiccicata e la mia solita allergia al ballo. Non ce la posso fare.
In compenso notizia di servizio: oggi è arrivata la conferma che in Francia sono stato ammesso. Manca solo l'ultima approvazione burocratica e poi mi mandano il contratto. Credo che ci siamo quasi a definire il nostro futuro.